Il virus contagia anche Marc by Marc Jacobs

 

La moda la amiamo tutti. Ma l’alta moda, quella che detta legge, non è per tutti. Per questo i big iniziarono anni fa ad aprire, uno dietro l’altro, le seconde linee. Figurarsi se ci stavano a perdersi quella fettina di aficionados che “vorrebbe ma non può”. Diciamo pure che adeguando il prezzo dei prodotti ad una fascia di seguaci con capacità di spesa un (bel) po’ inferiore al loro standard dovevano anche offrire un output un tantino meno pretenzioso e quindi si sono dedicati a linee più giovanili e trendy. Ma ora che fanno?

 

 

Se dalla nascita delle seconde linee in poi anche i non-ricconi potevano permettersi un Armani (Emporio), Dolce & Gabbana (anzi D&G) o Roberto Cavalli (anzi Just Cavalli) o ancora Antonio Marras (anzi I’m Isola Marras) adesso che vediamo il virus che uccide e fa chiudere i figli dei top brand diffondersi sempre più, cosa dovremmo aspettarci? L’ultima maison contagiata è quella di Marc Jacob. 

 

 

Campagna pubblicitaria Marc by Marc Jacobs.

 

 

Se sono ormai passati 4 anni da quando i giornali titolavano: “Dolce e Gabbana ha deciso di congelare la sua linea giovane D&G” mentre ha solo pochi giorni la notizia che Marc by Marc Jacobs chiuderà. Già durante l’ultima settimana della moda di New York voci di corridoio circa la fine della collezione più fresca dello stilista americano, nata nel 2011, lasciavano prevedere poco di buono. Poi la WWD ha confermato la riorganizzazione del marchio in preparazione di una possibile quotazione in Borsa.  Le fonti di WWD non parlano però di una prematura morte di Marc by Marc ma di un’unificazione delle due linee Marc Jacob e Marc by Marc Jacob con un’uniformità di messaggio ed estetica.

 

 

La verità è probabilmente che anche nomi affermatissimi come Jean Paul Gaultier (il primo ad annunciare l’abbandono del prêt-à-porter rifugiandosi nei saloni della linea di Haute Couture) Viktor and Rolf e ora Marc Jacob hanno poco tempo da perdere dietro a business che non girano come dovrebbero: poco male se per fare tagli ai rami non redditizi di un’azienda occorre tornare sui propri passi.

 

 

 

Frida Giannini (che ha lasciato Gucci ed è stata rimpiazzata da Alessandro Michele) e Jean Paul Gaultier immortalato nel saluto finale, durante la fashion week, alla sua linea pret-a-porter.

 

 

 

La riorganizzazione contagia tutti e, unitamente alla sostituzione di vertici e direttori creativi, è il vaccino alla morte (altrimenti senza ragione) delle seconde linee. Basti guardare in casa Gucci, con l’arrivo di Alessandro Michele, o Pucci, con l’addio di Peter Dundas che è tornato da Cavalli lasciando il posto a  Giorgetti.

 

 

 

Peter Dundas ora direttore creativo di Roberto Cavalli e Massimo Giorgetti che lo ha sostituito in Pucci.

 

 

 

 

Insomma, amanti del top “low cost”/”Young”: non disperate! 

La parola d’ordine dicono sia RIORGANIZZAZIONE non sepoltura.  Forse c’è ancora speranza.

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